Il 30 agosto, dopo tre anni di indagini, la Commissione Europea ha condannato la Apple a pagare un risarcimento all’Irlanda per aver beneficiato di un regime fiscale agevolato durante la sua attività nel paese pari a 13 miliardi di euro. Interessi esclusi.

Secondo la Commissione, nel decennio tra il 2003 e il 2013, Apple ha beneficiato di un regime di tassazione definito illegittimo basato sul cd. Tax ruling per attirare gli investimenti della multinazionale. Secondo quanto ricostruito, due società controllate da Apple (Apple Sales International e Apple Operations Europe) con sede in Irlanda hanno centralizzato i ricavi dalle vendite europee, ma le stesse erano attive solo giuridicamente e non operativamente.  Con questo passaggio, Apple ha potuto evitare di pagare le tasse sui profitti ottenuti dalle vendite nel mercato unico europeo, godendo di regimi fiscali agevolati previsti dal governo dell’Irlanda per attirare le multinazionali sul suo territorio e pagando circa lo 0,005 per cento di tasse previste per le attività di Apple Sales International. Apple ha dunque registrato le vendite conseguite in altri paesi europei solamente in Irlanda, non pagando altre tasse sui territori dei paesi interessati, alterando i principi della libera concorrenza all’interno dell’Unione.

caso apple, Irlanda vs. Commissione

La Commissione Europea, usando i poteri conferitegli dagli stati membri, ha imposto all’Irlanda di richiedere il pagamento delle tasse non versate per il decennio precedente all’anno in cui è stata avviata l’inchiesta.

È importante notare come Apple non sia la prima azienda tecnologica americana operante in Europa ad essere stata messa sotto indagine dalla Commissione su questa tematica. Anche su Google e Facebook sono in corso accertamenti per elusione di tassazione in relazione alle loro strutture e ad accordi con stati che concedono grandi regimi fiscali agevolati in cambio di investimenti sul territorio nazionale.  Olanda, Irlanda e Lussemburgo sono i paesi nel mirino dell’Unione con l’accusa di creare ambienti fiscali vantaggiosi con gli aiuti statali, togliendo investimenti e gettito fiscale dai loro partner in Europa. Prima l’Olanda con Starbucks poi il Lussemburgo con Fiat sono stati sottoposti ad indagine e hanno dovuto chiedere il rimborso delle tasse non versate.

Il Governo Irlandese, sentita la sentenza, ha confermato la volontà di ricorrere in appello contro la decisione della Commissione. Questo per tutelare i propri interessi ed evitare che altre multinazionali con investimenti e infrastrutture sul territorio possano spostarsi in caso di inversione di rotta nel regime fiscale. Secondo i dati della camera di commercio sono 700 le aziende americane con sede in Irlanda per un totale di oltre 140mila addetti e la sola Apple ha fatto fronte all’accordo garantendo oltre 5mila assunzioni.

Apple altresì ha confermato di voler ricorrere alla decisione presa dall’organo europeo poiché ritenuta non equa. Secondo la società statunitense, il provvedimento ignora le leggi irlandesi e non considera l’impatto che si potrebbe avere sia sugli investimenti che sul tasso di occupazione in Europa.  Nonostante la Commissione abbia sottolineato che sarà l’Irlanda a stabilire l’esatto ammontare del rimborso da chiedere e le modalità, Apple dovrà rivedere le sue strategie finanziarie in Europa alla luce del possibile pagamento da effettuare, pari al 6% della liquidità dell’azienda.