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Furto di opere d’arte: Italia al primo posto

L’Italia è il primo Paese al mondo per numero di furti di opere d’arte, secondo un’elaborazione della Camera di commercio su dati Interpol, ARCA e Arma dei Carabinieri. Si stima infatti che quotidianamente avvengano 55 furti al giorno, pari a circa 20 mila opere all’anno con un giro d’affari nel mercato dell’arte illegale “non tracciabile” che, a livello globale, vale 9,3 miliardi di euro. Più della metà dei furti avviene in case private ma uno su dieci riguarda gallerie d’arte. L’Italia possiede oltre la metà dei tesori artistici mondiali ed è anche per questo che dipinti, sculture e statue sono i beni maggiormente trafugati e rappresentano quasi il 60% del totale dei beni culturali illecitamente sottratti globalmente, oltre 13 mila su circa 22.400 registrati.

Per contrastare tale fenomeno è stata convocata dal Consiglio d’Europa per fine febbraio una convenzione internazionale sui reati contro il patrimonio culturale.  La convocazione ha l’obiettivo, oltre ad incentivare la cooperazione nazionale ed internazionale anche da un punto di vista giudiziario, di armonizzare alcune fattispecie di reato come l’illecita esportazione e il furto di beni culturali. Già nel 1995 era stato introdotto un primo tentativo a livello internazionale di bloccare il furto di opere d’arte, tramite la convenzione UNIDROIT, un accordo internazionale che disciplina la restituzione e il ritorno dei beni culturali che sono stati rubati, esportati illecitamente oppure che provengono da scavi abusivi tra due Stati contraenti la convenzione. Ciò per impedire le pratiche illegali nel commercio di beni culturali nonostante la presenza di differenti disposizioni nazionali sull’acquisto di proprietà. Il più delle volte, infatti, i beni culturali rubati o provenienti da scavi abusivi vengono portati in uno Stato in cui vigono altre leggi, allo scopo di venderli con maggiore facilità. La Convenzione UNIDROIT è stata firmata a Roma il 24 giugno 1995, ratificata dall’Italia con legge 7 giugno 1999, n. 213 ed è entrata in vigore il 1º luglio 1998, ma la procedura di ratifica è tuttora in corso in numerosi Stati. Finora, la Convenzione è stata firmata da 12 Stati, tra cui quattro europei.

L’Italia è già stata portavoce, in passato, di alcune delle principali iniziative internazionali sul tema della distruzione e traffico illecito di beni culturali, nonché sulla penalizzazione dei reati contro il patrimonio. Adesso si vuole creare un disegno di legge per dare centralità alla tutela del patrimonio culturale nell’ambito del sistema penale. Infatti, lo scorso dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato una proposta di legge che delega il Governo alla riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio, introducendo nuove tipologie di “offese” come il furto, la ricettazione, il traffico illecito di beni culturali, il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli (metal detector) nelle aree archeologiche. Si elevano inoltre ad autonome fattispecie di reato la distruzione, il danneggiamento, il deturpamento e l’imbrattamento di beni culturali. Tali modifiche avranno un effetto sugli strumenti processuali come l’arresto in flagranza di reato, il processo per direttissima e le intercettazioni telefoniche. La maggiore sensibilità verso il tema della tutela dei beni culturali da parte della comunità internazionale ha stimolato una riflessione sull’importanza della protezione del patrimonio da un punto di vista non soltanto privatistico ma anche penalistico.  Se i singoli stati recepiscono nelle leggi interne gli interventi internazionali in materia, in discussione nei prossimi mesi, si potrà presto identificare un fil rouge comune che omogeneizzi i vari diritti e allo stesso tempo tenga in considerazione il carattere speciale di questi beni.