Il Private Debt nelle operazioni di rilancio aziendale: due casi reali

Il settore del Private Debt in Italia rappresenta ancora una nicchia rispetto al sistema del credito nel suo complesso ed è sostanzialmente alternativo ad un’operazione di finanziamento a medio termine chirografo.

I dati AIFI del I° Semestre 2019 evidenziano una situazione a luci e ombre: da una parte un’accelerazione della raccolta, che è quasi raddoppiata rispetto all’anno precedente con 273 mln di euro e che se confermata nel secondo potrebbero avvicinare il record del 2016, mentre dall’altra si è dimezzato il valore totale degli investimenti a 200 mln di euro rispetto allo stesso periodo del 2018, che nel suo complesso ha però rappresentato un anno record assoluto con oltre 1 mld di euro investiti.

Vale la pena segnalare che il 15% degli investimenti effettuati ha finanziato operazioni di acquisizione, un altro 14% operazioni miste di crescita interna ed esterna, l’11% gli LBO, il 4% nella riorganizzazione del debito ed il rimanente 56% nelle operazioni di crescita organica.

Per concludere il quadro, il 29% delle operazioni ha riguardato aziende nella fascia 10-30 mln di euro mentre un altro 22% ha riguardato aziende nelle fascia 100-250 mln di euro, con un tasso medio del 5,5% ed una durata di 5 anni e 4 mesi.

Ma questa mappatura non coglie nel dettaglio le operazioni che riguardano i processi di rilancio aziendale, spesso faticosi e con strascichi nei bilanci che ne hanno ridotto il “rating” creditizio laddove invece servirebbe un sostegno finanziario per accelerare il turnaround.

Nella nostra esperienza diretta, ci siamo confrontati recentemente con due casi di “accompagnamento al rilancio” in aziende che avevano vissuto per motivi diversi cali drastici nei fatturati, seguiti da perdite in bilancio e conseguente contrazione e congelamento del credito bancario.

In entrambi i due casi le due aziende erano riuscite ad avviare una riorganizzazione interna, non completata, in sostanziale autofinanziamento aiutato da certa ripresa del settore, ma necessitavano di risorse nuove per investire nel business e cogliere le opportunità che il mercato stava tornando ad offrire in una situazione di rating ancora debole e quindi con le linee di fido “bloccate”.

Analizzando l’andamento gestionale ci siamo resi conto che il miglioramento dei principali indicatori era solido e spiegato sia dai segnali del mercato sia dalla maggior efficienza aziendale e quindi dei margini industriali che erano strutturalmente migliori e, in ultimo, dal particolare Know-how specifico che entrambe le aziende possedevano.

La strada del Private Equity era difficile perché le valutazioni erano ancora molto basse ed il sistema bancario ancora fermo. Abbiamo quindi avviato il progetto del “minibond” partendo dal Piano Industriale del management e verificando che questo fosse sostenibile da un punto di vista economico e coerente con l’operazione nella consapevolezza che si trattava di una sfida particolare, ovvero trovare un investitore di debito che fosse disponibile a credere del Business Plan e ad un andamento ancora non certificato dal bilancio.

In entrambi i casi la credibilità dell’imprenditore, la qualità del suo management ed il posizionamento aziendale sono stati il presupposto imprescindibile per permetterci di raccontare una storia nuova ai nostri investitori, una storia che andava spiegata e supportata da solide basi ma che comunque imponeva una scommessa nel futuro. Non è stato un percorso semplice, i business plan sono stati più volte testati e “stressati”, il management messo sotto pressione in fase di due diligence ma il risultato finale è stato di successo.

Grazie a queste due operazioni, le aziende sono state in grado di eseguire il piano battendo di gran lunga gli obbiettivi prefissati, migliorando quindi il proprio rating, rafforzando la propria immagine e credibilità rispetto al sistema bancario ed ai fornitori e ottenendo condizioni di pagamento notevolmente migliori. In un caso l’azienda ha potuto poi rimborsare anticipatamente il prestito obbligazionario grazie alla liquidità disponibile e nell’altro l’operazione è stata rinnovata a condizioni migliori su richiesta del fondo. Oggi le due aziende sarebbero pronte per essere quotate in Borsa con valutazioni sensibilmente diverse da qualche anno fa.

La cosa più interessante è che in entrambi i casi i primi a non credere alla possibilità di realizzare l’operazione erano gli imprenditori stessi che stavano sottovalutavano il potenziale della propria azienda.

Il Private Debt può rappresentare quindi una risposta, (non scontata), in quelle situazioni “grigie” di risultati misti ed in evoluzione e dove spesso l’advisor può giocare un ruolo determinante nell’avviare un’operazione che può fare la differenza per l’azienda e le sue prospettive.

Contributo a cura di

Alberto Daina

Managing Partner

Movent Capital Advisors